Author: | Salvatore Lupo | ISBN: | 9788868433291 |
Publisher: | Donzelli Editore | Publication: | June 15, 2015 |
Imprint: | Donzelli Editore | Language: | Italian |
Author: | Salvatore Lupo |
ISBN: | 9788868433291 |
Publisher: | Donzelli Editore |
Publication: | June 15, 2015 |
Imprint: | Donzelli Editore |
Language: | Italian |
L’Italia sta vivendo una fase politica di grande incertezza ed è attraversata da una crisi di difficile ricomposizione. Molti prevedono o auspicano l’avvento di una terza Repubblica. In realtà, è difficile dire se ci sia mai stata davvero una seconda Repubblica, e di cosa esattamente si sia trattato. Una nuova Repubblica avrebbe richiesto una nuova Costituzione,ma la legge fondamentale in vigore è a tutt’oggi, nella sostanza, quella varata nel 1948. Non per questo possiamo dire che non sia cambiato niente. Il sistema politico è cambiato radicalmente attraverso la discontinuità del 1989-94. Da allora, non c’è più la Repubblica dei partiti. Non ci sono più la Democrazia cristiana, il Partito comunista, il Partito socialista, con le loro organizzazioni di massa, le loro appartenenze ideologiche, le loro subculture. Con la svolta dei primi anni novanta si è avuto il passaggio da una vecchia a una nuova politica, basata sui referendum, sulla mobilitazione della società civile, sugli appelli all’impresa, alla tecnocrazia o alla magistratura, su neo-partiti che si volevano basati su criteri radicalmente diversi rispetto ai vecchi. Almeno questo dichiaravano di voler fare, dando alla dicotomia vecchio-nuovo una valenza manichea di grande presa sull’elettorato. Dall’analisi storica della politica «vecchia» e di quella «nuova» – e delle retoriche del «nuovo» che si sono perpetuate fino a oggi, fino al ventennio berlusconiano e all’ondata di protesta antipartitica del Movimento 5 Stelle – il libro trae gli elementi di riflessione sul che fare, se si volessero riparare i danni e i difetti da cui veniamo. Spiega come e quanto la prima Repubblica, in particolare nel primo ventennio, abbia saputo rappresentare la società civile; analizza le profonde incongruenze della seconda; insiste sull’importanza, nella svolta del 1993, della polemica contro gli abusi perpetrati dai vecchi partiti, dalla «casta» professionale che li governava; legge la discesa in campo di Berlusconi come esito di un processo di svuotamento della stessa forma partito. E rileva una contraddizione. I neo-partiti che furono allora banditori del cambiamento sono stati poi preda di analoghi – se non maggiori – difetti, e lo sono tuttora: coazione a ripetere che non a caso sta dando luogo a una mitologia della terza Repubblica quasi perfettamente corrispondente a quella che aveva dato luogo alla seconda. L’autore avanza a questo punto una domanda cruciale: e se la retorica antipartitica fosse non la soluzione, ma il problema della vita politica italiana dell’ultimo ventennio?
L’Italia sta vivendo una fase politica di grande incertezza ed è attraversata da una crisi di difficile ricomposizione. Molti prevedono o auspicano l’avvento di una terza Repubblica. In realtà, è difficile dire se ci sia mai stata davvero una seconda Repubblica, e di cosa esattamente si sia trattato. Una nuova Repubblica avrebbe richiesto una nuova Costituzione,ma la legge fondamentale in vigore è a tutt’oggi, nella sostanza, quella varata nel 1948. Non per questo possiamo dire che non sia cambiato niente. Il sistema politico è cambiato radicalmente attraverso la discontinuità del 1989-94. Da allora, non c’è più la Repubblica dei partiti. Non ci sono più la Democrazia cristiana, il Partito comunista, il Partito socialista, con le loro organizzazioni di massa, le loro appartenenze ideologiche, le loro subculture. Con la svolta dei primi anni novanta si è avuto il passaggio da una vecchia a una nuova politica, basata sui referendum, sulla mobilitazione della società civile, sugli appelli all’impresa, alla tecnocrazia o alla magistratura, su neo-partiti che si volevano basati su criteri radicalmente diversi rispetto ai vecchi. Almeno questo dichiaravano di voler fare, dando alla dicotomia vecchio-nuovo una valenza manichea di grande presa sull’elettorato. Dall’analisi storica della politica «vecchia» e di quella «nuova» – e delle retoriche del «nuovo» che si sono perpetuate fino a oggi, fino al ventennio berlusconiano e all’ondata di protesta antipartitica del Movimento 5 Stelle – il libro trae gli elementi di riflessione sul che fare, se si volessero riparare i danni e i difetti da cui veniamo. Spiega come e quanto la prima Repubblica, in particolare nel primo ventennio, abbia saputo rappresentare la società civile; analizza le profonde incongruenze della seconda; insiste sull’importanza, nella svolta del 1993, della polemica contro gli abusi perpetrati dai vecchi partiti, dalla «casta» professionale che li governava; legge la discesa in campo di Berlusconi come esito di un processo di svuotamento della stessa forma partito. E rileva una contraddizione. I neo-partiti che furono allora banditori del cambiamento sono stati poi preda di analoghi – se non maggiori – difetti, e lo sono tuttora: coazione a ripetere che non a caso sta dando luogo a una mitologia della terza Repubblica quasi perfettamente corrispondente a quella che aveva dato luogo alla seconda. L’autore avanza a questo punto una domanda cruciale: e se la retorica antipartitica fosse non la soluzione, ma il problema della vita politica italiana dell’ultimo ventennio?