Cap. VII - Al di là della vita

Nonfiction, Religion & Spirituality, New Age, Reincarnation, Occult, Supernatural
Cover of the book Cap. VII - Al di là della vita by Giulio Attini, Publisher s24668
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Author: Giulio Attini ISBN: 9788827525739
Publisher: Publisher s24668 Publication: December 1, 2017
Imprint: Language: Italian
Author: Giulio Attini
ISBN: 9788827525739
Publisher: Publisher s24668
Publication: December 1, 2017
Imprint:
Language: Italian

Ho superato i sessantacinque anni. Qualcuno mi ha detto che è troppo presto per scrivere della vecchiaia. Non lo credo affatto. In ogni caso, proprio perché mi ha agguantato da poco, penso e spero di conservare ancora quel tanto di lucidità, prima che mi inghiotta definitivamente, per descriverla così com'è, senza infingimenti, senza autoillusioni e, anche, senza pietà. Inoltre, benché la mia giovinezza sia ormai lontana non sono ancora così decrepito da averla dimenticata del tutto. Ma poiché la vecchiaia comincia, ancora e sempre, dopo i sessantacinque (la legge ti dichiara anziano a questa età), abbiamo solo incrementato il tempo da vivere in questa parte di età che, forse, non è la migliore. La clessidra che troneggia nella copertina del libro significa che non si può combattere il Tempo. Anzi, più ti opponi e più vola e la sua velocità aumenta con l’incremento dell'età. Penso ai secoli che ci sono voluti per uscire dall'infanzia. La gioventù è passata più in fretta. Ora la vecchiaia è qui. Mi circonda. Nulla ancora mi è impedito ma ormai si fa strada la consapevolezza di stare giocando a scacchi con la Morte e di essere alle ultime mosse. Secondo le stime medie mi restano circa una quindicina d’anni di vita che, se fossi nell’infanzia, sarebbero un’eternità ma, essendo nella vecchiaia, tutto si riduce, in proporzione, a qualche mese ancora. In realtà per me la vecchiaia è percepita come il coronamento della vita, il periodo che conclude e dà un senso all’intera esistenza. E’ l’età della saggezza. Dice Schopenhauer (noto filosofo tedesco di due secoli fa): «Solo chi diventa vecchio consegue, della vita, una visione completa e adeguata. La vecchiaia ha la serenità di chi si è affrancato da una catena portata a lungo, e ora si muove liberamente».
Ma questo succede solo quando si ha il tempo e la volontà di riflettere, quando si è fatto tesoro delle esperienze. Se ci si limita ad atti ripetitivi, se manteniamo le nostre abitudini e le nostre credenze, se si resta incatenati all’età giovanile e ci si lascia trasportare dal rimpianto non si accumula nessuna saggezza; e neppure si cresce. Insomma per me invecchiare può essere un’arte, da apprendere e da sviluppare. Lo sto dimostrando per iscritto nella consapevolezza che sia la conoscenza a rendere libero e affrancare l’uomo prima che… sia troppo tardi. In effetti tra le ragioni che mi hanno spinto a scrivere questo settimo e ultimo capitolo c’è la volontà di ricerca e studio dell’ambito spirituale e ultraterreno. Dalla lettura del libro di Raymond Moody “La vita oltre la vita”, mi è sempre rimasto impresso un concetto che ricorreva spesso nel racconto di coloro che avevano avuto esperienze di pre-morte ed erano tornati alla vita. Raccontando cosa avevano potuto sbirciare nell’aldilà, quasi sempre era riportata da questi “testimoni” la forte sensazione di essersi trovati sprovveduti, mancanti delle opportune conoscenze, di fronte alla nuova realtà che si era loro manifestata, unita al grande rammarico di non aver approfondito adeguatamente in vita le tematiche in materia di anima e di spirito. Hanno percepito, in sostanza, che una maggiore conoscenza li avrebbe enormemente facilitati a comprendere subito che cosa stava loro accadendo e sulla base di quali regole occorreva muoversi in quella nuova realtà. 

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Ho superato i sessantacinque anni. Qualcuno mi ha detto che è troppo presto per scrivere della vecchiaia. Non lo credo affatto. In ogni caso, proprio perché mi ha agguantato da poco, penso e spero di conservare ancora quel tanto di lucidità, prima che mi inghiotta definitivamente, per descriverla così com'è, senza infingimenti, senza autoillusioni e, anche, senza pietà. Inoltre, benché la mia giovinezza sia ormai lontana non sono ancora così decrepito da averla dimenticata del tutto. Ma poiché la vecchiaia comincia, ancora e sempre, dopo i sessantacinque (la legge ti dichiara anziano a questa età), abbiamo solo incrementato il tempo da vivere in questa parte di età che, forse, non è la migliore. La clessidra che troneggia nella copertina del libro significa che non si può combattere il Tempo. Anzi, più ti opponi e più vola e la sua velocità aumenta con l’incremento dell'età. Penso ai secoli che ci sono voluti per uscire dall'infanzia. La gioventù è passata più in fretta. Ora la vecchiaia è qui. Mi circonda. Nulla ancora mi è impedito ma ormai si fa strada la consapevolezza di stare giocando a scacchi con la Morte e di essere alle ultime mosse. Secondo le stime medie mi restano circa una quindicina d’anni di vita che, se fossi nell’infanzia, sarebbero un’eternità ma, essendo nella vecchiaia, tutto si riduce, in proporzione, a qualche mese ancora. In realtà per me la vecchiaia è percepita come il coronamento della vita, il periodo che conclude e dà un senso all’intera esistenza. E’ l’età della saggezza. Dice Schopenhauer (noto filosofo tedesco di due secoli fa): «Solo chi diventa vecchio consegue, della vita, una visione completa e adeguata. La vecchiaia ha la serenità di chi si è affrancato da una catena portata a lungo, e ora si muove liberamente».
Ma questo succede solo quando si ha il tempo e la volontà di riflettere, quando si è fatto tesoro delle esperienze. Se ci si limita ad atti ripetitivi, se manteniamo le nostre abitudini e le nostre credenze, se si resta incatenati all’età giovanile e ci si lascia trasportare dal rimpianto non si accumula nessuna saggezza; e neppure si cresce. Insomma per me invecchiare può essere un’arte, da apprendere e da sviluppare. Lo sto dimostrando per iscritto nella consapevolezza che sia la conoscenza a rendere libero e affrancare l’uomo prima che… sia troppo tardi. In effetti tra le ragioni che mi hanno spinto a scrivere questo settimo e ultimo capitolo c’è la volontà di ricerca e studio dell’ambito spirituale e ultraterreno. Dalla lettura del libro di Raymond Moody “La vita oltre la vita”, mi è sempre rimasto impresso un concetto che ricorreva spesso nel racconto di coloro che avevano avuto esperienze di pre-morte ed erano tornati alla vita. Raccontando cosa avevano potuto sbirciare nell’aldilà, quasi sempre era riportata da questi “testimoni” la forte sensazione di essersi trovati sprovveduti, mancanti delle opportune conoscenze, di fronte alla nuova realtà che si era loro manifestata, unita al grande rammarico di non aver approfondito adeguatamente in vita le tematiche in materia di anima e di spirito. Hanno percepito, in sostanza, che una maggiore conoscenza li avrebbe enormemente facilitati a comprendere subito che cosa stava loro accadendo e sulla base di quali regole occorreva muoversi in quella nuova realtà. 

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