Grande guerra, piccoli generali

Una cronaca feroce della prima guerra mondiale

Nonfiction, History, Military, World War I, Modern, 20th Century
Cover of the book Grande guerra, piccoli generali by Lorenzo del Boca, UTET
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Author: Lorenzo del Boca ISBN: 9788851126995
Publisher: UTET Publication: February 2, 2014
Imprint: UTET Language: Italian
Author: Lorenzo del Boca
ISBN: 9788851126995
Publisher: UTET
Publication: February 2, 2014
Imprint: UTET
Language: Italian

Alla vigilia dello scoppio della prima guerra mondiale, i più immorali pensavano soltanto di ricavare dei guadagni per potersi adeguatamente arricchire. Gli idealisti, invece, credevano di offrire all’Italia l’opportunità di conquistare peso e prestigio internazionale, in modo da restituirle quel ruolo che vagheggiavano ma che, dopo i fasti della Roma dei Cesari, era rimasto incartato nei libri della storia classica. Negli ultimi dieci anni, prima di quel 1914, i soldati erano cresciuti alle direttive del generale Paolo Spingardi, ottimo oratore parlamentare, e del generale Alberto Pollio, ottimo scrittore. L’uno e l’altro – con tutto lo stato maggiore – coltivavano il mito di Napoleone del quale leggevano con avidità biografie, recensioni, commenti strategici e valutazioni tattiche. Anche culturalmente, gli ufficiali erano rimasti con i piedi e con la testa nelle pastoie del secolo precedente. Come se il tempo fosse trascorso senza lasciare traccia. Al momento dell’entrata in guerra, l’esercito italiano venne affidato a Luigi Cadorna che, se avesse ottenuto risultati proporzionali alla sua presunzione, avrebbe conquistato il globo terracqueo. I guai maggiori di chi combatteva per l’Italia vennero dagli stessi italiani che dimostrarono di non aver maturato alcuna idea e che, tuttavia, a quel nulla, si aggrapparono con convinzioni incrollabili. Si armarono di ordini assurdi. Pretesero di mandare le truppe all’assalto anche quando ogni logica l’avrebbe sconsigliato. Insistettero nello sfidare le leggi della fisica per fortificare posizioni insostenibili. Per ottenere un’obbedienza supina, fucilarono quelli che apparvero più riottosi o anche solo meno pronti a sacrificarsi. Instaurarono un regime di oppressione che sarebbe risultato odioso per una qualunque dittatura, pur spietata. E provocarono la morte di un numero imprecisato di loro uomini, piazzando le mitragliatrici dei carabinieri dietro le file destinate all’assalto con la disposizione di aprire il fuoco alla schiena dei soldati, se avessero appena ritardato a lanciarsi fuori dalle trincee.

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Alla vigilia dello scoppio della prima guerra mondiale, i più immorali pensavano soltanto di ricavare dei guadagni per potersi adeguatamente arricchire. Gli idealisti, invece, credevano di offrire all’Italia l’opportunità di conquistare peso e prestigio internazionale, in modo da restituirle quel ruolo che vagheggiavano ma che, dopo i fasti della Roma dei Cesari, era rimasto incartato nei libri della storia classica. Negli ultimi dieci anni, prima di quel 1914, i soldati erano cresciuti alle direttive del generale Paolo Spingardi, ottimo oratore parlamentare, e del generale Alberto Pollio, ottimo scrittore. L’uno e l’altro – con tutto lo stato maggiore – coltivavano il mito di Napoleone del quale leggevano con avidità biografie, recensioni, commenti strategici e valutazioni tattiche. Anche culturalmente, gli ufficiali erano rimasti con i piedi e con la testa nelle pastoie del secolo precedente. Come se il tempo fosse trascorso senza lasciare traccia. Al momento dell’entrata in guerra, l’esercito italiano venne affidato a Luigi Cadorna che, se avesse ottenuto risultati proporzionali alla sua presunzione, avrebbe conquistato il globo terracqueo. I guai maggiori di chi combatteva per l’Italia vennero dagli stessi italiani che dimostrarono di non aver maturato alcuna idea e che, tuttavia, a quel nulla, si aggrapparono con convinzioni incrollabili. Si armarono di ordini assurdi. Pretesero di mandare le truppe all’assalto anche quando ogni logica l’avrebbe sconsigliato. Insistettero nello sfidare le leggi della fisica per fortificare posizioni insostenibili. Per ottenere un’obbedienza supina, fucilarono quelli che apparvero più riottosi o anche solo meno pronti a sacrificarsi. Instaurarono un regime di oppressione che sarebbe risultato odioso per una qualunque dittatura, pur spietata. E provocarono la morte di un numero imprecisato di loro uomini, piazzando le mitragliatrici dei carabinieri dietro le file destinate all’assalto con la disposizione di aprire il fuoco alla schiena dei soldati, se avessero appena ritardato a lanciarsi fuori dalle trincee.

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