Author: | AA. VV. | ISBN: | 9788849207446 |
Publisher: | Gangemi Editore | Publication: | March 20, 2016 |
Imprint: | Gangemi Editore | Language: | Italian |
Author: | AA. VV. |
ISBN: | 9788849207446 |
Publisher: | Gangemi Editore |
Publication: | March 20, 2016 |
Imprint: | Gangemi Editore |
Language: | Italian |
Con alterne vicende, segnate dagli avvenimenti storici e dall'evolversi degli iniziali criteri ispiratori, si dipana lungo tutto il Novecento la complessa e, in certo qual modo, travagliata storia del Museo di Roma. D'altro canto, già nell'ambizioso assunto di voler costituire un Museo in grado di ricomporre esaustivamente, in un unico grande affresco, la secolare storia di Roma, dalla città dei pontefici alla giovane capitale d'Italia, erano implicite tutte le difficoltà e le ambiguità che ne avrebbero contrassegnato il percorso. Lo scoppio della seconda guerra mondiale impose la chiusura del Museo allora collocato nel grande edificio di Via dei Cerchi che sulla facciata recava l'orgogliosa scritta “Palazzo dei Musei di Roma”. Al momento di riallestire il Museo, finita la guerra, prese corpo l'esigenza di trovare una sede che, sia per prestigio storico e architettonico sia per ubicazione, corrispondesse pienamente alla qualità e all'importanza delle collezioni e ne consentisse un più ampio e compiuto sviluppo. Non senza una “dura battaglia”, come ricorda Antonio Maria Colini, il Museo di Roma ottenne il settecentesco Palazzo Braschi, potendo cosí riaprire al pubblico nel 1952 secondo un ordinamento in tre grandi sezioni, topografia, storia e costumanze che rispettava grosso modo la configurazione degli anni Trenta. In questa fase il Museo conobbe una stagione assai felice per il favore del pubblico e per l'incremento costante e prezioso delle sue collezioni grazie anche, in particolare, alla generosa attività della “Associazione degli Amici dei Musei” che favorí importanti lasciti e donazioni. Nei decenni successivi l'arricchimento delle collezioni con opere di notevole valenza storico-artistica e la significativa rilevanza della formazione del Gabinetto Comunale delle Stampe e dell'Archivio Fotografico Comunale non si traducono, tuttavia, in una contestuale riflessione sulla necessità di riesaminare e aggiornare criticamente i criteri ispiratori del Museo alla luce delle nuove istanze culturali imposte dai profondi mutamenti metodologici e di contesto sociale. In quegli stessi anni si avviava anche quel lento ma inesorabile degrado strutturale di Palazzo Braschi che nel 1987 ne determinò la chiusura. Giunti finalmente, dopo quindici anni alla parziale riapertura del Palazzo si imponeva la decisione di cosa offrire al pubblico delle ricche collezioni del Museo, quale selezione del vasto e articolato patrimonio e quale chiave di lettura privilegiare: o proporre una presentazione delle opere che si configurasse come definitivo, anche se limitato, allestimento del Museo di Roma o presentare un florilegio cronologico, dal Medioevo al Novecento, di quelle artisticamente e storicamente più importanti e significative. Le opere presentate costituiscono solo un piccolo spaccato di quella miniera di fonti figurative conservate nel Museo, un patrimonio inestimabile per quanti vogliano studiare o semplicemente conoscere la secolare storia artistica e sociale di Roma.
Con alterne vicende, segnate dagli avvenimenti storici e dall'evolversi degli iniziali criteri ispiratori, si dipana lungo tutto il Novecento la complessa e, in certo qual modo, travagliata storia del Museo di Roma. D'altro canto, già nell'ambizioso assunto di voler costituire un Museo in grado di ricomporre esaustivamente, in un unico grande affresco, la secolare storia di Roma, dalla città dei pontefici alla giovane capitale d'Italia, erano implicite tutte le difficoltà e le ambiguità che ne avrebbero contrassegnato il percorso. Lo scoppio della seconda guerra mondiale impose la chiusura del Museo allora collocato nel grande edificio di Via dei Cerchi che sulla facciata recava l'orgogliosa scritta “Palazzo dei Musei di Roma”. Al momento di riallestire il Museo, finita la guerra, prese corpo l'esigenza di trovare una sede che, sia per prestigio storico e architettonico sia per ubicazione, corrispondesse pienamente alla qualità e all'importanza delle collezioni e ne consentisse un più ampio e compiuto sviluppo. Non senza una “dura battaglia”, come ricorda Antonio Maria Colini, il Museo di Roma ottenne il settecentesco Palazzo Braschi, potendo cosí riaprire al pubblico nel 1952 secondo un ordinamento in tre grandi sezioni, topografia, storia e costumanze che rispettava grosso modo la configurazione degli anni Trenta. In questa fase il Museo conobbe una stagione assai felice per il favore del pubblico e per l'incremento costante e prezioso delle sue collezioni grazie anche, in particolare, alla generosa attività della “Associazione degli Amici dei Musei” che favorí importanti lasciti e donazioni. Nei decenni successivi l'arricchimento delle collezioni con opere di notevole valenza storico-artistica e la significativa rilevanza della formazione del Gabinetto Comunale delle Stampe e dell'Archivio Fotografico Comunale non si traducono, tuttavia, in una contestuale riflessione sulla necessità di riesaminare e aggiornare criticamente i criteri ispiratori del Museo alla luce delle nuove istanze culturali imposte dai profondi mutamenti metodologici e di contesto sociale. In quegli stessi anni si avviava anche quel lento ma inesorabile degrado strutturale di Palazzo Braschi che nel 1987 ne determinò la chiusura. Giunti finalmente, dopo quindici anni alla parziale riapertura del Palazzo si imponeva la decisione di cosa offrire al pubblico delle ricche collezioni del Museo, quale selezione del vasto e articolato patrimonio e quale chiave di lettura privilegiare: o proporre una presentazione delle opere che si configurasse come definitivo, anche se limitato, allestimento del Museo di Roma o presentare un florilegio cronologico, dal Medioevo al Novecento, di quelle artisticamente e storicamente più importanti e significative. Le opere presentate costituiscono solo un piccolo spaccato di quella miniera di fonti figurative conservate nel Museo, un patrimonio inestimabile per quanti vogliano studiare o semplicemente conoscere la secolare storia artistica e sociale di Roma.