Author: | Mario Casella | ISBN: | 9788897308782 |
Publisher: | Gabriele Capelli Editore | Publication: | July 27, 2017 |
Imprint: | Smashwords Edition | Language: | Italian |
Author: | Mario Casella |
ISBN: | 9788897308782 |
Publisher: | Gabriele Capelli Editore |
Publication: | July 27, 2017 |
Imprint: | Smashwords Edition |
Language: | Italian |
“A chi ha sopportato l’ingiusto peso della menzogna perché accusato a torto di aver mentito e a chi ha raccontato il falso, nella speranza che queste pagine siano d’aiuto per capire perché l’ha fatto.”
Un giorno sul web lessi una notizia: uno skyrunner, sponsorizzato da alcune tra le più importanti marche di materiale alpinistico, aveva annunciato d’essere salito da solo in vetta al K2, l’ottomila pakistano più impegnativo del blasonato Everest. Quel corridore-alpinista stava inanellando la scalata di ogni seconda vetta per altezza di ogni singolo continente: per l’Asia l’obiettivo era il K2.
La vera notizia però era un’altra: al suo rientro in Europa l’alpinista in questione era crollato sotto la pressione dei media e aveva riconosciuto di non aver raccontato la verità. Lo sportivo, tra le lacrime, aveva confessato ai giornalisti di aver mentito al mondo e anche a se stesso.
A tradirlo era stata la presunta foto di vetta che non mostrava alcun riferimento valido per localizzare con certezza il luogo della scatto. Anzi presentava alcuni dettagli sullo sfondo rivelatisi poi traditori: quella foto non era stata scattata sulla vetta, ma in un campo più basso.
La notizia mi colpì e la mia reazione impulsiva fu quella di condanna senza attenuanti per l’alpinista. Aveva osato infangare uno sport tradizionalmente basato sulla fiducia e aveva tradito uno dei principi fondamentali che dovrebbero regolare ogni attività umana: il rispetto della verità.
A incuriosirmi erano due aspetti: da un lato la dinamica della nascita di una vera o presunta menzogna, dall’altro le conseguenze sulla vita del protagonista volontario o involontario di queste polemiche.
Che cosa accade nella nostra testa – mi chiedevo – quando decidiamo di mentire? È un meccanismo impalpabile della psiche con il quale siamo tutti già stati confrontati nella nostra vita… e non solo chi va in montagna.
A stimolarmi nella scrittura di questo libro è stata anche la scoperta dell’influenza che questo sterile gioco di “vero” o “falso” – finito in alcuni casi nelle aule di tribunale – ha avuto sui destini personali di ogni suo attore. Ho scelto di occuparmi solo dei casi con una forte valenza umana.
L’impatto di una bugia, o il solo sospetto di una menzogna, hanno condizionato molti destini umani e, nel caso specifico, di alpinisti: alcuni noti, altri meno conosciuti dal grande pubblico. Sono ombre che i protagonisti di questo libro hanno portato nel proprio zaino per tutta la vita.
Nell’alpinismo non c’è ancora la necessità di una prova inconfutabile di onestà/colpevolezza, come quella del DNA che può salvare – come avvenuto a più riprese negli Stati Uniti – un condannato dall’esecuzione capitale.
Cancellare l’ombra di un dubbio rimane perciò spesso un’impresa impossibile.
Mentre lavoravo a questo libro un giorno mi è ricapitata tra le mani la mia foto di vetta sul Cho Oyu: sullo sfondo si vedono solo alcune nuvole e qualche sprazzo di cielo blu. Nessun punto di riferimento sicuro per localizzare in modo inequivocabile il luogo in cui è stata scattata.
Mi sono chiesto: E se qualcuno un giorno volesse mettere in dubbio la mia scalata?
In quel momento ho avvertito quanto possa pesare un’ombra.
“A chi ha sopportato l’ingiusto peso della menzogna perché accusato a torto di aver mentito e a chi ha raccontato il falso, nella speranza che queste pagine siano d’aiuto per capire perché l’ha fatto.”
Un giorno sul web lessi una notizia: uno skyrunner, sponsorizzato da alcune tra le più importanti marche di materiale alpinistico, aveva annunciato d’essere salito da solo in vetta al K2, l’ottomila pakistano più impegnativo del blasonato Everest. Quel corridore-alpinista stava inanellando la scalata di ogni seconda vetta per altezza di ogni singolo continente: per l’Asia l’obiettivo era il K2.
La vera notizia però era un’altra: al suo rientro in Europa l’alpinista in questione era crollato sotto la pressione dei media e aveva riconosciuto di non aver raccontato la verità. Lo sportivo, tra le lacrime, aveva confessato ai giornalisti di aver mentito al mondo e anche a se stesso.
A tradirlo era stata la presunta foto di vetta che non mostrava alcun riferimento valido per localizzare con certezza il luogo della scatto. Anzi presentava alcuni dettagli sullo sfondo rivelatisi poi traditori: quella foto non era stata scattata sulla vetta, ma in un campo più basso.
La notizia mi colpì e la mia reazione impulsiva fu quella di condanna senza attenuanti per l’alpinista. Aveva osato infangare uno sport tradizionalmente basato sulla fiducia e aveva tradito uno dei principi fondamentali che dovrebbero regolare ogni attività umana: il rispetto della verità.
A incuriosirmi erano due aspetti: da un lato la dinamica della nascita di una vera o presunta menzogna, dall’altro le conseguenze sulla vita del protagonista volontario o involontario di queste polemiche.
Che cosa accade nella nostra testa – mi chiedevo – quando decidiamo di mentire? È un meccanismo impalpabile della psiche con il quale siamo tutti già stati confrontati nella nostra vita… e non solo chi va in montagna.
A stimolarmi nella scrittura di questo libro è stata anche la scoperta dell’influenza che questo sterile gioco di “vero” o “falso” – finito in alcuni casi nelle aule di tribunale – ha avuto sui destini personali di ogni suo attore. Ho scelto di occuparmi solo dei casi con una forte valenza umana.
L’impatto di una bugia, o il solo sospetto di una menzogna, hanno condizionato molti destini umani e, nel caso specifico, di alpinisti: alcuni noti, altri meno conosciuti dal grande pubblico. Sono ombre che i protagonisti di questo libro hanno portato nel proprio zaino per tutta la vita.
Nell’alpinismo non c’è ancora la necessità di una prova inconfutabile di onestà/colpevolezza, come quella del DNA che può salvare – come avvenuto a più riprese negli Stati Uniti – un condannato dall’esecuzione capitale.
Cancellare l’ombra di un dubbio rimane perciò spesso un’impresa impossibile.
Mentre lavoravo a questo libro un giorno mi è ricapitata tra le mani la mia foto di vetta sul Cho Oyu: sullo sfondo si vedono solo alcune nuvole e qualche sprazzo di cielo blu. Nessun punto di riferimento sicuro per localizzare in modo inequivocabile il luogo in cui è stata scattata.
Mi sono chiesto: E se qualcuno un giorno volesse mettere in dubbio la mia scalata?
In quel momento ho avvertito quanto possa pesare un’ombra.