Author: | Pietro Fanfani | ISBN: | 1230000788182 |
Publisher: | Media Galaxy | Publication: | November 19, 2015 |
Imprint: | Language: | English |
Author: | Pietro Fanfani |
ISBN: | 1230000788182 |
Publisher: | Media Galaxy |
Publication: | November 19, 2015 |
Imprint: | |
Language: | English |
Nato a Collesalvetti o secondo alcune fontia Montale, Fanfani non visse che i primi due anni a Montale. Il padre acquistò una casa a Pistoia e vi si trasferirono. A otto anni fu mandato per un anno da un cugino della moglie, parroco di Capezzana, Prato, perché era irrequieto e turbolento, il parroco gli insegnò la grammatica latina. Ritornato a Pistoia, andò a scuola con scarso profitto. Il padre si rovinò economicamente per via di una grossa mallevadoria pagata per il cognato. A undici anni Pietro entrò in seminario e ottenne buoni risultati nello studio. Nel 1828 fu iscritto alla scuola di retorica del canonico Giusette Silvestri, latinista ed appassionato della Divina Commedia. Il padre, non potendo permettersi di mandarlo all'università, gli fece frequentare la scuola medico-chirurgica di Pistoia, dove conobbe Filippo Pacini, futuro anatomista. Il Fanfani pensò soprattutto a divertirsi con i suoi compagni di corso: gli spedalini. mM fu costretto dal padre ad arruolarsi e fece diciotto mesi di servizio militare. Nel 1837, morto il padre, ritornò a casa. Nel 1842, dopo anni di vita sregolata, decise di dedicarsi interamente agli studi. Grazie al priore Andrea Fabbri divenne un paleografo latino. Studiò il greco. Copiò cronache e antichi documenti per mantenersi, su commissione di Enrico Bindi, allora docente di retorica in seminario. Nel 1843 iniziò a scrivere per giornali e riviste. Pubblicò Osservazioni sulla Divina Commedia nel periodico Memorie di Letteratura e scritti di critica letteraria pungenti e alcuni Ritratti morali su la Rivista di Firenze. Nel 1847 stampò il periodico Ricordi Filologici, su cui scrissero Luigi Fornaciari, Giuseppe Giusti, Basilio Puoti, Niccolò Tommaseo. Il periodico, stampato a Pistoia dalla Tipografia Cino, usciva ogni quindici giorni e aveva 16 pagine.L’ex funzionario al Ministero della Pubblica Istruzione Pietro Fanfani, in questo volume, affronta due temi a lui molto cari: il Vocabolario della Crusca e l’autenticità della Cronica di Dino Compagni. In particolare il primo tema è approfondito nel capitolo intitolato Di alcune etimologie del vocabolario della Crusca e in Vocabolario novello della Crusca; scherzo drammatico. Anche in questa raccolta di novelle, pubblicate per la prima volta insieme nel 1879 dall’editore Paolo Carrara, Pietro Fanfani sostiene fermamente l’esistenza di una lingua unica e comune per gli italiani, tema molto dibattuto all’epoca. Egli sosteneva che la lingua italiana vera e propria derivasse dal fiorentino. Pietro Fanfani si impegnò fermamente nella difesa della lingua considerata da lui stesso come collante della nazione. Novelle e Ghiribizzi apparve per la prima volta a puntate su alcuni giornali. Le novelle riscossero un gran favore di pubblico, in particolare, fu utile per coloro che erano propensi allo studio della lingua italiana. Bisogna ricordare, infatti, che Fanfani oltre che scrittore era filologo anche se negli ultimi anni della sua vita abbandonò gli studi per occuparsi della biblioteca Marucelliana di Firenze. Le due questioni sopra citate sono trattate nel libro con grande maestria. L’autore sostiene fortemente la sua tesi affermando più volte di dire il vero attraverso una forma garbata limpida e festosa. Nel volume tratta, tra gli altri temi, anche alcune etimologie di parole provenienti dal vocabolario della Crusca. Fu lui stesso, nella sua attività di lessicografo, a curare diversi vocabolari. Tra questi il Vocabolario della lingua italiana nel 1855; il Vocabolario dell’uso toscano nel 1863 ed il Vocabolario della pronunzia toscana sempre nello stesso anno. Collaborò ai periodici L'Etruria, La Rivista di Firenze, Il Passatempo, Il Piovano Arlotto, Il Borghini, alcuni dei quali da lui fondati o diretti. Pietro Fanfani morì a Firenze il 4 marzo 1879. Ecco l’incipit:
“Don Ficchíno, morto pochi anni addietro d'indigestione, fu un pretazzuolo d'una piccola città di Toscana: e gli posero quel soprannome per la grande sua smania di ficcarsi attorno a tutti coloro che avevano nobiltà, ricchezza, o fama di letterati solenni...”
Nato a Collesalvetti o secondo alcune fontia Montale, Fanfani non visse che i primi due anni a Montale. Il padre acquistò una casa a Pistoia e vi si trasferirono. A otto anni fu mandato per un anno da un cugino della moglie, parroco di Capezzana, Prato, perché era irrequieto e turbolento, il parroco gli insegnò la grammatica latina. Ritornato a Pistoia, andò a scuola con scarso profitto. Il padre si rovinò economicamente per via di una grossa mallevadoria pagata per il cognato. A undici anni Pietro entrò in seminario e ottenne buoni risultati nello studio. Nel 1828 fu iscritto alla scuola di retorica del canonico Giusette Silvestri, latinista ed appassionato della Divina Commedia. Il padre, non potendo permettersi di mandarlo all'università, gli fece frequentare la scuola medico-chirurgica di Pistoia, dove conobbe Filippo Pacini, futuro anatomista. Il Fanfani pensò soprattutto a divertirsi con i suoi compagni di corso: gli spedalini. mM fu costretto dal padre ad arruolarsi e fece diciotto mesi di servizio militare. Nel 1837, morto il padre, ritornò a casa. Nel 1842, dopo anni di vita sregolata, decise di dedicarsi interamente agli studi. Grazie al priore Andrea Fabbri divenne un paleografo latino. Studiò il greco. Copiò cronache e antichi documenti per mantenersi, su commissione di Enrico Bindi, allora docente di retorica in seminario. Nel 1843 iniziò a scrivere per giornali e riviste. Pubblicò Osservazioni sulla Divina Commedia nel periodico Memorie di Letteratura e scritti di critica letteraria pungenti e alcuni Ritratti morali su la Rivista di Firenze. Nel 1847 stampò il periodico Ricordi Filologici, su cui scrissero Luigi Fornaciari, Giuseppe Giusti, Basilio Puoti, Niccolò Tommaseo. Il periodico, stampato a Pistoia dalla Tipografia Cino, usciva ogni quindici giorni e aveva 16 pagine.L’ex funzionario al Ministero della Pubblica Istruzione Pietro Fanfani, in questo volume, affronta due temi a lui molto cari: il Vocabolario della Crusca e l’autenticità della Cronica di Dino Compagni. In particolare il primo tema è approfondito nel capitolo intitolato Di alcune etimologie del vocabolario della Crusca e in Vocabolario novello della Crusca; scherzo drammatico. Anche in questa raccolta di novelle, pubblicate per la prima volta insieme nel 1879 dall’editore Paolo Carrara, Pietro Fanfani sostiene fermamente l’esistenza di una lingua unica e comune per gli italiani, tema molto dibattuto all’epoca. Egli sosteneva che la lingua italiana vera e propria derivasse dal fiorentino. Pietro Fanfani si impegnò fermamente nella difesa della lingua considerata da lui stesso come collante della nazione. Novelle e Ghiribizzi apparve per la prima volta a puntate su alcuni giornali. Le novelle riscossero un gran favore di pubblico, in particolare, fu utile per coloro che erano propensi allo studio della lingua italiana. Bisogna ricordare, infatti, che Fanfani oltre che scrittore era filologo anche se negli ultimi anni della sua vita abbandonò gli studi per occuparsi della biblioteca Marucelliana di Firenze. Le due questioni sopra citate sono trattate nel libro con grande maestria. L’autore sostiene fortemente la sua tesi affermando più volte di dire il vero attraverso una forma garbata limpida e festosa. Nel volume tratta, tra gli altri temi, anche alcune etimologie di parole provenienti dal vocabolario della Crusca. Fu lui stesso, nella sua attività di lessicografo, a curare diversi vocabolari. Tra questi il Vocabolario della lingua italiana nel 1855; il Vocabolario dell’uso toscano nel 1863 ed il Vocabolario della pronunzia toscana sempre nello stesso anno. Collaborò ai periodici L'Etruria, La Rivista di Firenze, Il Passatempo, Il Piovano Arlotto, Il Borghini, alcuni dei quali da lui fondati o diretti. Pietro Fanfani morì a Firenze il 4 marzo 1879. Ecco l’incipit:
“Don Ficchíno, morto pochi anni addietro d'indigestione, fu un pretazzuolo d'una piccola città di Toscana: e gli posero quel soprannome per la grande sua smania di ficcarsi attorno a tutti coloro che avevano nobiltà, ricchezza, o fama di letterati solenni...”