Un ritratto ironico e leggero della grammatica e del vocabolario della disunione italiana, a cominciare dalle aggressive formule usate da italiani contro altri italiani. Che non risparmiano neppure il nome del paese, apertamente deriso attraverso parole come "Italietta", "italioti", "italico", "italiesco" o espressioni come "Italia alle vongole" e "all'italiana". Di questi e di tanti altri stereotipi negativi (da "terrone" a "polentone", da "sudici" a "lumbard", da "beduino" nel senso di "meridionale" a "baluba" nel senso di "settentrionale") si dà conto in questo libro, che ricostruisce una storia divertente oltre che istruttiva. L'autore discute anche della faziosità attribuita a Dante; confronta i problemi linguistici della giovane Italia unita del 1861 con quelli di oggi, spiegando perché gli italiani non capiscono le parole dell'inno nazionale; descrive Roma come capitale "alla matriciana", anzi come "capoccia"; tratteggia le diverse immagini del paese che emergono dai neologismi di origine dialettale.
Un ritratto ironico e leggero della grammatica e del vocabolario della disunione italiana, a cominciare dalle aggressive formule usate da italiani contro altri italiani. Che non risparmiano neppure il nome del paese, apertamente deriso attraverso parole come "Italietta", "italioti", "italico", "italiesco" o espressioni come "Italia alle vongole" e "all'italiana". Di questi e di tanti altri stereotipi negativi (da "terrone" a "polentone", da "sudici" a "lumbard", da "beduino" nel senso di "meridionale" a "baluba" nel senso di "settentrionale") si dà conto in questo libro, che ricostruisce una storia divertente oltre che istruttiva. L'autore discute anche della faziosità attribuita a Dante; confronta i problemi linguistici della giovane Italia unita del 1861 con quelli di oggi, spiegando perché gli italiani non capiscono le parole dell'inno nazionale; descrive Roma come capitale "alla matriciana", anzi come "capoccia"; tratteggia le diverse immagini del paese che emergono dai neologismi di origine dialettale.