«Un racconto toccante sul luogo in cui vanno a finire nostri amici immaginari dopo che li abbiamo dimenticati».[Writertopia]Una storia poetica e straordinaria, un mondo magico creato ed evocato dai bambini ma abitato dai sogni e dagli stati d’animo degli adulti.Un racconto di Mike Resnick e Lezli Robin«Se ne stava seduto in disparte a tenere al caldo la panchina, aspettando, da quasi settant’anni. I venti del Tempo lo avevano gelato fino alle ossa, e tutto ciò che aveva per scaldarsi erano i suoi ricordi, che ogni giorno si facevano un po’ più vecchi e un po’ più freddi.Non era una figura imponente. C’erano delle giornate in cui somigliava a Humpty Dumpty prima che cadesse, e altre in cui aveva più l’aspetto di un orsacchiotto. Per lui non faceva nessuna differenza. Non aveva mai visto uno specchio, né gliene importava.Avrebbe potuto scegliere ogni nome che avesse voluto ma, per motivi che solo un’altra persona avrebbe capito, aveva conservato quello di Signor Paloobi. Non era molto dignitoso, d’altra parte la dignità non era tra le sue doti.Invidiava i suoi compagni. Non la loro grazia, la loro disinvolta abilità atletica, o la loro risata contagiosa, perché per lui quelle caratteristiche erano prive di importanza. No, ciò che invidiava loro era il fatto che prima o poi tutti erano stati convocati per entrare ancora in azione, tutti erano tornati alla Partita, come la chiamava tra sé. Voleva disperatamente lasciare la panchina, ma non conosceva le regole del gioco. Non era neppure in grado di accorgersi che ce ne fossero.Gli erano state concesse due brevi opportunità, ma non aveva resistito più a lungo di un lanciatore di baseball sul monte di lancio con un braccio dolente, di un purosangue zoppo in un derby, o di un tennista senza racchetta».
«Un racconto toccante sul luogo in cui vanno a finire nostri amici immaginari dopo che li abbiamo dimenticati».[Writertopia]Una storia poetica e straordinaria, un mondo magico creato ed evocato dai bambini ma abitato dai sogni e dagli stati d’animo degli adulti.Un racconto di Mike Resnick e Lezli Robin«Se ne stava seduto in disparte a tenere al caldo la panchina, aspettando, da quasi settant’anni. I venti del Tempo lo avevano gelato fino alle ossa, e tutto ciò che aveva per scaldarsi erano i suoi ricordi, che ogni giorno si facevano un po’ più vecchi e un po’ più freddi.Non era una figura imponente. C’erano delle giornate in cui somigliava a Humpty Dumpty prima che cadesse, e altre in cui aveva più l’aspetto di un orsacchiotto. Per lui non faceva nessuna differenza. Non aveva mai visto uno specchio, né gliene importava.Avrebbe potuto scegliere ogni nome che avesse voluto ma, per motivi che solo un’altra persona avrebbe capito, aveva conservato quello di Signor Paloobi. Non era molto dignitoso, d’altra parte la dignità non era tra le sue doti.Invidiava i suoi compagni. Non la loro grazia, la loro disinvolta abilità atletica, o la loro risata contagiosa, perché per lui quelle caratteristiche erano prive di importanza. No, ciò che invidiava loro era il fatto che prima o poi tutti erano stati convocati per entrare ancora in azione, tutti erano tornati alla Partita, come la chiamava tra sé. Voleva disperatamente lasciare la panchina, ma non conosceva le regole del gioco. Non era neppure in grado di accorgersi che ce ne fossero.Gli erano state concesse due brevi opportunità, ma non aveva resistito più a lungo di un lanciatore di baseball sul monte di lancio con un braccio dolente, di un purosangue zoppo in un derby, o di un tennista senza racchetta».