I dialoghi di Tasso rappresentano un continente pressoché sconosciuto della letteratura italiana del Cinquecento. Alla loro fortuna critica poco ha giovato nei secoli la patina di erudizione che li ricopre, rendendoli testi di non facile lettura. Basta però superare questa barriera iniziale per scoprire che funzionano come i sileni di Alcibiade: statuine dall’apparenza sgraziata che, aperte, rivelano tesori inaspettati, capaci di emozionare chi li guarda. Questo saggio ne propone una nuova lettura sia interpretativa sia filologica. Il momento fondativo della scrittura dialogica viene individuato nella vicenda della reclusione in Sant’Anna e nella rappresentazione che il Tasso offre di sé come nuovo Socrate. Egli non ha la statura intellettuale del filosofo di professione ma rivendica a sé questa immagine in funzione implicitamente apologetica, sullo sfondo dei rigori inquisitoriali di fine secolo. Districandosi tra fonti letterarie e filosofiche, Rossi illustra poi l’orientamento retorico dei dialoghi in relazione ai destinatari e la loro costruzione letteraria “ingegnosissima”, volta alla meraviglia barocca. Propone infine una nuova cronologia degli ultimi dialoghi che contribuisce a chiarire la parabola intellettuale del Tasso.
I dialoghi di Tasso rappresentano un continente pressoché sconosciuto della letteratura italiana del Cinquecento. Alla loro fortuna critica poco ha giovato nei secoli la patina di erudizione che li ricopre, rendendoli testi di non facile lettura. Basta però superare questa barriera iniziale per scoprire che funzionano come i sileni di Alcibiade: statuine dall’apparenza sgraziata che, aperte, rivelano tesori inaspettati, capaci di emozionare chi li guarda. Questo saggio ne propone una nuova lettura sia interpretativa sia filologica. Il momento fondativo della scrittura dialogica viene individuato nella vicenda della reclusione in Sant’Anna e nella rappresentazione che il Tasso offre di sé come nuovo Socrate. Egli non ha la statura intellettuale del filosofo di professione ma rivendica a sé questa immagine in funzione implicitamente apologetica, sullo sfondo dei rigori inquisitoriali di fine secolo. Districandosi tra fonti letterarie e filosofiche, Rossi illustra poi l’orientamento retorico dei dialoghi in relazione ai destinatari e la loro costruzione letteraria “ingegnosissima”, volta alla meraviglia barocca. Propone infine una nuova cronologia degli ultimi dialoghi che contribuisce a chiarire la parabola intellettuale del Tasso.