Author: | Giuseppe Alongi, Placido Currò | ISBN: | 9788899045036 |
Publisher: | Edizioni Il Grano | Publication: | July 16, 2014 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | Giuseppe Alongi, Placido Currò |
ISBN: | 9788899045036 |
Publisher: | Edizioni Il Grano |
Publication: | July 16, 2014 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
Il rafforzamento culturale del sostrato mafioso, a partire dagli anni che accompagnano la formazione progressiva dell'Italia unita, avviene soprattutto tra il 1867 e il 1875. Questa particolare forma di liberalismo siciliano innestato sui tratti del tipico immobilismo meridionale, scaturito dalle concessioni in enfiteusi delle proprietà demaniali ed ecclesiastiche mai affidate ai contadini privi di terra, fu compiutamente realizzata nel solco di un innaturale matrimonio economico con l'ordine tradizionale, che ovviamente privilegiava il capitale e la medio-grande proprietà, con l'intendimento di bloccare sul nascere l'avanzata democratica, e mantenere inalterate condizioni generali di vita. I provvedimenti amministrativi dei governi unitari più che sviluppare le potenzialità della regione avevano aggiunto a una «servitù economica» una servitù «amministrativa». La mafia accompagnò le iniziative repressive volute da Roma, si coprì dei suoi rigori, accentuò il ruolo di intermediario tra Stato e società reale. E come al solito tutto fu riconducibile ai caratteri indigeni e alla moralità compromessa dei siciliani, a un travisamento del rusticano agire popolare. O tutto fu mafia affinché niente lo fosse realmente. Il Governo della Destra non sottovalutò il problema, semplicemente non lo ritenne tale, e secondo i principi delle vie punitive, si servì della mafia per raggiungere pragmaticamente propositi e scopi contingenti, quasi giustificò il "ricorso" alla violenza individuale, sottovalutò sempre più stratificati rapporti criminali.
Il rafforzamento culturale del sostrato mafioso, a partire dagli anni che accompagnano la formazione progressiva dell'Italia unita, avviene soprattutto tra il 1867 e il 1875. Questa particolare forma di liberalismo siciliano innestato sui tratti del tipico immobilismo meridionale, scaturito dalle concessioni in enfiteusi delle proprietà demaniali ed ecclesiastiche mai affidate ai contadini privi di terra, fu compiutamente realizzata nel solco di un innaturale matrimonio economico con l'ordine tradizionale, che ovviamente privilegiava il capitale e la medio-grande proprietà, con l'intendimento di bloccare sul nascere l'avanzata democratica, e mantenere inalterate condizioni generali di vita. I provvedimenti amministrativi dei governi unitari più che sviluppare le potenzialità della regione avevano aggiunto a una «servitù economica» una servitù «amministrativa». La mafia accompagnò le iniziative repressive volute da Roma, si coprì dei suoi rigori, accentuò il ruolo di intermediario tra Stato e società reale. E come al solito tutto fu riconducibile ai caratteri indigeni e alla moralità compromessa dei siciliani, a un travisamento del rusticano agire popolare. O tutto fu mafia affinché niente lo fosse realmente. Il Governo della Destra non sottovalutò il problema, semplicemente non lo ritenne tale, e secondo i principi delle vie punitive, si servì della mafia per raggiungere pragmaticamente propositi e scopi contingenti, quasi giustificò il "ricorso" alla violenza individuale, sottovalutò sempre più stratificati rapporti criminali.