Author: | GIUSEPPE CESARE ABBA | ISBN: | 1230001349603 |
Publisher: | nicla | Publication: | September 17, 2016 |
Imprint: | Language: | Italian |
Author: | GIUSEPPE CESARE ABBA |
ISBN: | 1230001349603 |
Publisher: | nicla |
Publication: | September 17, 2016 |
Imprint: | |
Language: | Italian |
La storia d'Italia raccontata da una grande penna.
DAL LIBRO: Mario aveva allora trentacinque anni «e finiva la sua prima stagione di vita intellettuale tra le armi garibaldine con un saggio di letteratura filosofica idealista».
Il Carducci conclude così il suo studio sul Mario. E avrebbe potuto aggiungere che questi faceva come appunto il Cattaneo, il quale, chiamato a Napoli da Garibaldi per consigli, dati poi ma non ascoltati, visitava gli accampamenti garibaldini mentre si preparava la gran battaglia del Volturno. Anche il Cattaneo filosofava in quella visita, e da Monte Sant'Angelo, in faccia a Capua, scriveva le sue belle pagine sul Foscolo, che sedeva allora sulla cima del pensiero di lui, di Mario e di tutti quei giovani vicini alla battaglia e alla morte.
Sì! quei giovani, o almeno i colti, che erano i più, sentivano il Foscolo come uno spirito presente nei loro bivacchi. O belli e lontani anni di quando le anime si esaltarono in loro stesse, nell'udir narrare che Ugo, per non piegarsi allo straniero rivenuto nel 1814 a dominar Lombardia e Venezia e di lì l'Italia, abbandonava ogni cosa diletta ed i propri diritti, rifiutava offerte di ricchezze e d'onori, e se n'andava da Milano povero, non più giovane e quasi già infermo, al volontario esilio, vagheggiato fin dai suoi vent'anni con presentimento dantesco e arcana voluttà di sventura!
Ma e la gioventù d'oggi non sente più come quella d'allora? E chi ciò può affermare? Non facciamo rimpianti da queruli laudatori del passato, e badiamo a esser giusti. Abbiamo osservato testè? Se la psicologia del 1860 fosse stata questa d'oggigiorno, non venticinque o trentamila uomini avrebbe avuto allora Garibaldi per le sue battaglie, ma cento, duecentomila. Rispettiamo dunque i tempi, e aspettiamo le prove grandi cui la patria potrà esser messa; e abbiamo fede in noi, popolo che non fu mai decrepito, come altri disse, ma che invece serbò e serba tutti i caratteri d'un'adolescenza immanente.
La storia d'Italia raccontata da una grande penna.
DAL LIBRO: Mario aveva allora trentacinque anni «e finiva la sua prima stagione di vita intellettuale tra le armi garibaldine con un saggio di letteratura filosofica idealista».
Il Carducci conclude così il suo studio sul Mario. E avrebbe potuto aggiungere che questi faceva come appunto il Cattaneo, il quale, chiamato a Napoli da Garibaldi per consigli, dati poi ma non ascoltati, visitava gli accampamenti garibaldini mentre si preparava la gran battaglia del Volturno. Anche il Cattaneo filosofava in quella visita, e da Monte Sant'Angelo, in faccia a Capua, scriveva le sue belle pagine sul Foscolo, che sedeva allora sulla cima del pensiero di lui, di Mario e di tutti quei giovani vicini alla battaglia e alla morte.
Sì! quei giovani, o almeno i colti, che erano i più, sentivano il Foscolo come uno spirito presente nei loro bivacchi. O belli e lontani anni di quando le anime si esaltarono in loro stesse, nell'udir narrare che Ugo, per non piegarsi allo straniero rivenuto nel 1814 a dominar Lombardia e Venezia e di lì l'Italia, abbandonava ogni cosa diletta ed i propri diritti, rifiutava offerte di ricchezze e d'onori, e se n'andava da Milano povero, non più giovane e quasi già infermo, al volontario esilio, vagheggiato fin dai suoi vent'anni con presentimento dantesco e arcana voluttà di sventura!
Ma e la gioventù d'oggi non sente più come quella d'allora? E chi ciò può affermare? Non facciamo rimpianti da queruli laudatori del passato, e badiamo a esser giusti. Abbiamo osservato testè? Se la psicologia del 1860 fosse stata questa d'oggigiorno, non venticinque o trentamila uomini avrebbe avuto allora Garibaldi per le sue battaglie, ma cento, duecentomila. Rispettiamo dunque i tempi, e aspettiamo le prove grandi cui la patria potrà esser messa; e abbiamo fede in noi, popolo che non fu mai decrepito, come altri disse, ma che invece serbò e serba tutti i caratteri d'un'adolescenza immanente.